Alberto Costa
Risalendo da Cala Gonone si scende per la tortuosa strada che dal centro di Dorgali porta alla grande Valle di Oddone. È repentino il passaggio dagli scoscesi costoni bagnati dal turchese mar Mediterraneo a uno scrigno verdeggiante, racchiuso da una granitica e calcarea corona “alpestre” dominata dal massiccio del Supramonte e dai monti Oddeu, Tundu e "Sos Gutturzos". Qui, le narici non sono più pervase da quel mix di salmastro, macchia mediterranea e mirto - che ho sempre identificato come il tipico profumo sardo - ma si respira un’aria più neutra e rarefatta, decisamente più fresca, indice di un microclima davvero insolito per latitudine e periodo estivo dell’anno. Sono circondato da vigne giovani e molto vecchie, e camminando tra di esse, mi accorgo di lasciare orme soffici e di colore giallo-rossastro. “Non è sempre stato così!”, mi ammonisce dalla terrazza Valeria. Così inizia il racconto della storia di questo luogo, che fino a cento anni fa era appena frequentato dai pastori, per poi essere beffardamente ceduto ad appena otto famiglie contadine, assoggettandole alla vessatoria pratica della viddazione (tassa sul raccolto). È straordinario pensare allo sforzo e al sudore versato dagli agricoltori dorgalesi per affrancare questa grande valle, originariamente arida e sterile, rendendola oggi un simbolo di rinascita che conta ben 700 ha di uliveto e 500 di vigneto. Il cannonau qui allevato può peraltro fregiarsi della menzione Classico per la denominazione Cannonau di Sardegna DOC e da qualche anno anche del toponimo “Vigna di Oddoene”.
A richiederne il riconoscimento è stato proprio Antonio Berritta, che dagli anni ‘80 qui possiede circa 10 ettari di vigneto gestito con metodi tradizionali e tecniche agronomiche volte a una produzione biologica. Ciò che stupisce di questo giovane settantacinquenne vigneron sardo è l’ampiezza della sua visione: è sorprendentemente moderno e aperto “al continente” nella comunicazione dei propri vini, centrando appieno la scelta di portare a degustare gli appassionati nello stiloso “chalet” tra le proprie vigne, e al contempo tradizionalista, con la valorizzazione di varietà autoctone vinificate in purezza, identificando i vini con nomi nel dialetto locale e originalissime etichette.
È intimamente fruttato al naso e sciabordante di sapidità il raro e autoctono PANZALE 2023 vinificato acciaio, eccellente compagno in tavola per pesce e carni bianche. Aperitivo con un cannonau servito alla temperatura di un vino bianco? Lo scolorito NOSTRANU 2022 sempre in acciaio, nonostante i suoi 14° in alcol, è pensato proprio per questo, ed è stupefacente per facilità di beva e piacevolezza. Per palati più borgognoni è interessante il TURCALESCIU 2021: il riferimento è Turcoli, nome di Dorgali in epoca romana; al naso si ritrovano note più mentolate e di ginepro, mentre al palato esprime una giocosa rotondità e una morbidezza da piena maturità dell’uva cannonau affinata per 6 mesi in nuove botti di rovere. È con il MONTE TUNDU 2020 che il Cannonau delle vigne di Oddoene comincia a mettere a terra i propri cavalli, ma è ancora una potenza volutamente in pieno controllo: i quasi due anni di affinamento in esauste botti di rovere donano al vino un’ingannevolmente timida trasparenza carminio che anticipa un potente bouquet speziato, con sfondo smaltato di cipria, noce, sandalo ed incenso. Ma è con il BAILLANU 2021 che si incontra l’animo indomito del sardo cannonau: sull’etichetta dallo sfondo nero, come l’alieno basalto a 500 mt slm su cui sono allevate queste vigne di 35-40 anni, capeggia un bianco danzatore, tirato verso casa da una corda cinta alla vita dalla propria donna e una al piede, a rappresentare la scusa di fermarsi nelle cantine, come era usanza di fine giornata tra gli abitanti locali. Potente e meno preciso al naso dei precedenti, richiama l’espressione più primigenia del “vino fatto per la casa” che, in quella terra vulcanica, oltre alla frutta rossa ed alle spezie dolci, offre continui richiami alla cenere, alla polvere di carbone e a note balsamiche e di rosmarino. Scorre a briglia sciolta imprimendo un’impronta fruttata su un palato lungamente rugoso e salato. Straordinario in abbinamento alle cordeddas di agnello! Completano la serie degli assaggi DON BADDORE e ISTRANZU: il primo è un blend con 50% di cannonau e 50% di syrah, mentre il secondo è da syrah in purezza. Ho respirato veramente orgoglio dorgalese, quiete e bellezza tra i vigneti della Valle di Oddoene, a cui ho portato anche la pioggia dopo ben 62 giorni di siccità! Sono sicuro che mi riserveranno benevolenza e piacere ogni volta che tonerò a trovarli. Prosit.