Carnet di viaggio
Dalla redazione
venerdì 15 novembre 2019

Visita alla cantina Colli di Poianis

La Delegazione di Venezia alla scoperta del territorio friulano

Francesco Antonini


Davanti ai nostri occhi la vigna si riposa dalle fatiche della vendemmia, ma basta alzare lo sguardo per immergersi in una lezione di geografia molto più divertente di quelle che seguivamo a scuola.

 

Siamo a Prepotto, provincia di Udine, nella zona Doc dei Colli orientali. Ma il pendio che sta di fronte a noi è già Collio, provincia di Gorizia, ultimo lembo d’Italia. E quei monti a sinistra sono già Slovenia, Brda, l’altra metà del cielo di questo microcosmo del vino.

Andare in visita ai Colli di Poianis significa esplorare, in tutti i sensi, un confine. L’estremo Nordest dell’Italia è una roccaforte dove c’è molto da presidiare – la fama dei migliori vini bianchi del Paese – ma almeno altrettanto da sperimentare, a cominciare dai vitigni autoctoni Ribolla e Schioppettino. «Il problema – ha spiegato il titolare Gabriele Marinig ai sommelier AIS del Veneto saliti in collina a visitare quest’azienda emergente – è che il vino friulano sta perdendo appeal: se 10-15 anni fa i nostri bianchi dominavano nelle carte dei vini dei ristoranti di prestigio, oggi siamo diventati minoranza, anche per i progressi di altre regioni italiane. Eppure la nostra qualità è aumentata».

Siamo di fronte allora a un vero e proprio paradosso, e l’unica ragione plausibile è l’affare Tocai, pardon, Friulano: il nuovo nome imposto al vitigno-bandiera di queste parti. «Il Friulano a livello commerciale soffre – conferma Marinig – mentre c’è grande interesse per la Ribolla, che però molti preferiscono nella versione spumantizzata. E per vendere negli Stati Uniti produrre Pinot grigio è quasi una parola d’ordine». C’è insomma un po’ di confusione sulla strada da prendere. Del resto la frammentazione dei vitigni è sempre stata croce e delizia del Friuli: qui riesce bene tutto – come è risultato evidente nella degustazione proposta dall’azienda ai sommelier, con tre autoctoni (Friulano, Malvasia e Schioppettino), e tre internazionali (Chardonnay, Sauvignon e il blend rosso) – e di conseguenza è più difficile diventare riconoscibili per un singolo prodotto. Il che rappresenta un problema, nell’era della comunicazione istantanea, ma anche una risorsa per chi voglia cavar fuori il meglio da questo terreno di “ponca”, impasto di marna e arenaria.

E sulla qualità vuole continuare a puntare quest’azienda medio-piccola (12 ettari per 100mila bottiglie), che imbottiglia da vent’anni, è attiva da tre generazioni e ha già raccolto molti consensi in particolare con la selezione degli “Stormi”. Marinig, titolare di Colli di Poianis assieme alla moglie sommelier Maura Ceschia e al figlio Alberto, è un agronomo e per molti anni ha guidato assieme alla sua famiglia tutti gli aspetti della produzione, mentre negli ultimi tempi si è fatto affiancare dall’enologo Simone Vicenzutti, ancora giovane ma con importanti esperienze all’estero, tra le quali è impossibile non citare Saint Emilion.

La visita dell’AIS si trasforma presto in una chiacchierata a ruota libera, dalla quale emerge una testarda ricerca della qualità anche nei dettagli. Dagli assaggi in barrique con i rivenditori francesi, alla scelta di rilanciare le vecchie botti in vetrocemento della cantina; dalle riflessioni sui processi elettrostatici nelle vasche inox, alla tecnica della criomacerazione, a lungo sperimentata ma abbandonata negli ultimi anni «per tornare a produrre i bianchi come si faceva una volta, utilizzando lieviti indigeni». All’assaggio si intravvede il grande potenziale di tutti i vini, “caldi” e di struttura, a cominciare dai bianchi 2018 imbottigliati da pochi mesi. Discorso che vale in particolare per lo Chardonnay affinato in barrique. Sono state apprezzate la morbida tipicità del Friulano, la freschezza della Malvasia e un Sauvignon dalla spiccata eleganza, meno ridondante al naso rispetto a molti “colleghi” friulani. Altrettanto promettenti i rossi: già potente il Ronco della Poiana, suadente lo Schioppettino, che è nato proprio qui e ha conquistato una sottozona Doc che i friulani testardi di queste parti sapranno portare al massimo livello.

 

[foto di Bruno Bellato]

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