Giuseppe Conte
Giovedì 28 Marzo, Hotel Galileo Padova, seconda tappa del viaggio nel mondo del barolo.
Ancora una volta Alessandro Masnaghetti ci ha magistralmente condotto in un’altra stupenda parte della denominazione e in particolare nei comuni simbolo: Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba e Monforte d’Alba.
Pur continuando da dove ci eravamo lasciati la volta precedente, il relatore ha iniziato la serata anticipando che avrebbe analizzato il territorio considerando non solo le viti ma anche i boschi, la vegetazione e soprattutto i confini della zona del barolo.
I confini sono stati riconosciuti nel 1927 con un reggio decreto e confermati poi con una legge del 1933. Già nel 1879 si cominciava a parlare di zona, infatti in quegli anni e per molti altri ancora il problema non era come si faceva questo vino ma quali erano i suoi confini, che secondo il Fantini erano a grandi linee quelli attuali, con l’esclusione di alcune zone tipo Ginestra e Mosconi che entreranno nel 1934. Nel 1896 il ministero dell’agricoltura cominciò a parlare della zona del barolo, nel 1903 c’era già addirittura la prima carta geografica e nel 1909 il comune di Barolo diede l’incarico di definire i confini.
Nel 1928 nasce il consorzio, anche se ufficialmente la data è 1934 e nel 1930 ci fu una legge che andò a disciplinare i vini tipici. Dopo la seconda guerra questo vino, per mancanza dei decreti attuativi, si produceva anche al di fuori dei confini e nel 1966 furono istituite le prime denominazioni, tra cui il barolo, per arrivare poi al 1980 con le DOCG.
È stato sottolineato come abbia inciso, a partire dal 1954, la superficie del terreno occupato dai boschi rispetto a quella dedicata alla vite fino ad arrivare ai giorni nostri con un equilibrio ormai consolidato. Dopo aver analizzato gli interessanti dati della vendemmia di 160 aziende per 10 anni, si è passati alla tanto attesa degustazione dei seguenti vini:
Primo vino: Barolo Rocche di Castiglione 2014 – Sordo
Secondo vino: Barolo Villero 2015 – Giacomo Fenocchio
Terzo vino: Barolo Bussia 2014 – Prunotto
Quarto vino: Barolo Ginestra 2014 – Diego Conterno
Quinto vino: Barolo Sorano 2013 – Ascheri
Sesto vino: Barolo Margheria 2014 – Azelia
Settimo vino: Barolo Cerrati 2014 – Tenuta Cucco
I primi due vini sono espressione di terreni con strati rocciosi, sabbiosi e presenza di fossili, il Rocche di Castiglione con esposizione a sud-est e terreni con suoli giovani. Il Villero invece con esposizione a sud-ovest (più caldo) e terreni con suoli più evoluti. Nel primo, chiara presenza di frutta che non troviamo nel secondo e un tannino più verticale e deciso a differenza del Villero che presentava un tannino più setoso che tendeva a perdersi nel finale.
Il Barolo Bussia, zona di Monforte con esposizione a sud, presentava una chiara nota catramosa e terrosa con una eleganza meno evidente rispetto ai primi due.
Il quarto vino “Barolo Ginestra”, pur essendo sempre del Monforte, è risultato completamente diverso dal Bussia, zona tardiva e con esposizione a sud. Vino con un naso importante ed espressivo, si sentiva che aveva bisogno di tempo per levigare le spigolosità dovute anche alla particolare annata del 2014.
La seconda serie di vini è iniziata con il Barolo Sorano, parte nord di Serralunga con terreni marnosi. Al naso ben presenti note evolute e terrose, un vigore e una struttura limitata, un tannino presente ma un po’ isolato che incideva, quindi, sull’eleganza.
Il Barolo Margheria proveniva da terreni sciolti con un’esposizione non molto calda. Ha dimostrato potenza non irruenta con eleganti profumi floreali.
Per finire il Barolo Cerrati, espressione del versante orientale di Serralunga, si sentiva il passaggio in legno ma anche il calore e la speziatura per un vino comunque elegante.
La serata si è piacevolmente conclusa con il servizio di un piatto ma anche con domande di approfondimento dei presenti a dimostrazione del grande interesse dimostrato per questo difficile vino, raccontato in due serate da Alessandro Masnaghetti che è riuscito ad evidenziarne le molteplici espressioni dovute al clima, al terreno e all’esposizione.
Foto a cura di Rossano Moretto