Corinna Gianesini
Ci troviamo in una lussuosa sala del ristorante Vittorio Emanuele, con affaccio diretto su Piazza Bra. Dalle finestre si scorgono gli archi dell’Arena, storico emblema della città di Verona. È qui che la delegazione di Verona ha organizzato una degustazione esclusiva, che vede come protagonista la cantina Jermann ed il suo uvaggio più famoso: Vintage Tunina. A guidare la verticale c’è Michele Jermann, accompagnato da Edi Clementin, enologo e direttore generale dell’azienda.
Michele ci racconta della nuova cantina che Jermann ha inaugurato il 07/07/07 a Ruttars, ad un solo km dal confine sloveno, che oggi, assieme alla vecchia cantina di Villanova, è un polo fondamentale per la produzione aziendale, che si assesta sulle 900.000 bottiglie. La cantina di Ruttars è circondata da vigneti, tra i quali trova spazio anche un piccolo lago che viene utilizzato per l’irrigazione di soccorso in caso di necessità. La zona gode di un microclima molto particolare, influenzato dalla vicinanza del mare. Di origini austriache, la famiglia Jermann, si è spostata in Friuli nella prima metà del Novecento. Partendo dagli iniziali 10 ettari del 1970, Silvio Jermann, padre di Michele, ha acquistato successivamente diversi appezzamenti, arrivando ai 160 ettari vitati di oggi, di cui 100 ha in pianura e 60 ha in collina, oltre ad altri 30 ettari di seminativo ad orzo e farro biologico.
Ma veniamo al vino protagonista di questa serata. Vintage Tunina deve il suo nome alla signora Antonia, familiarmente chiamata con questo diminutivo, che per anni ha posseduto la terra da cui proviene il vino. Vintage Tunina è un blend di chardonnay, sauvignon, ribolla gialla, malvasia istriana e picolit. Edi Clementin lo ha definito “Il vino più importante della famiglia Jerman”. Un bel traguardo per questo vino, uscito per la prima volta sul mercato nel 1975. A quel tempo si faceva un’unica raccolta delle uve delle diverse varietà coltivate in poco più di due ettari. Con il passare degli anni sono state effettuate delle selezioni massali, al fine di individuare e replicare le barbatelle migliori, che sono state poi impiantate nei 12 ettari di vigneto che circondano la cantina, quasi come un tributo a questo vino che ha fatto conoscere Jermann in tutto il mondo. Fu Silvio Jermann a determinare lo stile di questo vino, cercando di utilizzare per lo più lieviti indigeni e prediligendo la lavorazione in acciaio.
A partire dal 2002 è stato aggiunto un passaggio in legno grande. Nel 2003 cominciano alcuni esperimenti di chiusura con il tappo a vite, che viene introdotto definitivamente nel 2009. Michele ci racconta quanto sia stato difficile far accettare al mercato questo tipo di chiusura al mercato, soprattutto al mercato italiano. Nonostante le ostilità Jermann ha perseguito con forza questa tecnologia, che permette di utilizzare il 40 % in meno di anidride solforosa, ed oggi quasi la metà delle bottiglie di Vintage Tunina sono tappate a vite. “Nella maturazione del vino in bottiglia il tappo a vite è come una Fiat 500, il sughero è come una Ferrari” dichiara Edi Clementin. Interessante punto di vista, che a breve avremo il piacere di sperimentare di persona, visto che le 7 bottiglie ci vengono proposte alla cieca, e, siamo avvisati, non necessariamente in ordine di anzianità.
Il primo bicchiere conquista il naso con sentori freschi di fiori bianchi, agrumi, zagara ed una bella nota minerale. Poi arriva il frutto, una polpa bianca succosa. Infine un sentore lievemente fumé, accompagnato da una nota morbida di miele e camomilla. Ingresso morbido e setoso al palato morbido e setoso, subito assestato da una piacevole freschezza e sapidità. Lunga scia floreale sul finale. È il millesimo 2011, tappato a vite.
Il secondo calice offre un olfatto più sobrio e serio, quasi austero. Sentore di incenso e una nota di ceralacca. Al palato si rivela affascinante, molto equilibrato ed elegantissimo, lasciando un lungo ricordo minerale in cui si intrecciano fiori secchi e frutta bianca matura. A fine serata scopriremo che si tratta del Vintage Tunina 2002 tappato a sughero. Chapeau!
Il terzo campione conquista con un bouquet molto ricco e fruttato, di pesca bianca matura e pera kaiser. Al palato ha un’entrata decisa e piuttosto sapida, mitigata da una morbidezza avvolgente, da cui riemergono sentori dolci di fiori di magnolia su un fondo minerale bianco. Millesimo 2014 tappo a vite.
L’olfatto del quarto calice apre con una decisa nota di sambuco, che lascia presto spazio ad un sentore minerale. Seguono la polpa di pesca, un accenno di frutta esotica e un intrigante sentore di fieno. Al palato si conferma fresco e sapido, equilibrato e gustoso. Vintage Tunina 2006 tappato a vite.
Un bouquet di gelsomino e zagara ci accoglie nell’approccio al quinto calice. Al palato si rivela fortemente minerale, con una chiusura austera, quasi tannica. Scopriremo essere il millesimo 2010. Colpisce quanto il vino si sia evoluto rapidamente nella bottiglia tappata a sughero.
Il primo sentore di questo sesto bicchiere ricorda la lacca e lo smalto, ma dopo poco si apre a note dolci di miele e camomilla. Il palato si conferma in ottima forma, forse con una nota alcolica lievemente prevalente, ma nel complesso ben equilibrato. Vintage Tunina 2005 con tappo a sughero.
Profumo piacevole e avvolgente di frutta bianca matura, con un tocco di frutta esotica, mango e melone, ed il bacello di vaniglia sono il ventaglio di profumi offerti all’ultimo calice di questa serata. Al palato il vino si esprime con una forte sapidità ed un buon apporto alcolico, sorretto da una acidità ben presente. Lo scopriremo essere il Vintage Tunina 2006 tappato a sughero. In effetti riassaggiando il campione del 2006 tappato a vite si riconoscono delle somiglianze, ma l’evoluzione in bottiglia con sue diverse tappature presenta delle differenze sostanziali.
Considerando le bottiglie assaggiate in questa serata possiamo affermare che i vini tappati con tappo a vite, qualunque fosse l’annata presentata, si sono dimostrati più vibranti e tesi, capaci di mantenere attraverso il tempo la loro innata vitalità. D’altro canto i campioni tappati a sughero ci hanno permesso di gustare la setosità e la suadenza di cui Vintage Tunina è capace di vestirsi con l’evoluzione più decisa indotta da questo sistema di chiusura.
La signora Tunina ci ha svelato le sue tante sfumature, dimostrandosi duttile e diversa a seconda dell’annata, ma sempre fedele a se stessa, nell’eleganza che la contraddistingue.
Tutte le foto dell'evento sull'album Flickr https://www.flickr.com/photos/aisverona/sets/72157675852411512