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Dalla redazione
lunedì 14 ottobre 2024

Sette sfumature di grigio

La Botrytis Cinerea in Europa


Gruppo redazione Ais Treviso

 

In fondo è sempre questione di tempismo. Vale spesso, nella vita. Vale per ogni vendemmia. Vale ancor di più quando si scommette su quel fungo particolare che attacca l’acino d’uva, fa concentrare profumi e aromi e fa nascere sfumature sorprendenti nei calici. Sfumature di grigio, da botrytis cinerea, appunto. Ma perché sia un’azione “nobile”, ci vogliono le condizioni giuste: il vitigno, il clima, il luogo. La sapienza del vignaiolo che sa quando raccogliere e come trattare i grappoli disidratati fa il resto. Spiega tutto questo Roberto Gardini nella serata che Ais Treviso ha voluto dedicare, il 2 ottobre 2024, alla degustazione dei vini passiti proprio grazie all’azione della botrite.

Da grande conoscitore e da miglior sommelier d’Italia, squaderna un viaggio tra i protagonisti del Vecchio Continente: l’Italia c’è, ma il palco è affollato e parla, molto, francese, ma pure tedesco, ungherese, romeno e slovacco. Con la consapevolezza che ci si può anche spostare a esplorare i confini del mondo, dal Sud Africa, all’Australia e Nuova Zelanda. I vitigni, dunque: dal gewurztraminer ai moscati, dal riesling al semillon e allo chenin blanc, dal furmint ai pinot, bianco e grigio, fino a qualche sorpresa, come la “piccola” optima, che sa regalare emozioni quando è ben fatta. Tratto in comune: “Un’acidità pazzesca”, dice Gardini, per sostenere non solo fermentazioni lente e lunghissime, ma affinamenti che durano decenni e concentrazioni di dolcezza. Ci vogliono nebbie mattutine, giornate calde e assolate e l’umidità dei corsi d’acqua. Chi sa cogliere l’attimo giusto, vince.

“Sette sfumature di grigio”, si diceva. Si viaggia, allora, nei calici, saltando volutamente il passito da botrite per antonomasia, quel Sauternes che appare per primo alla memoria. Sette calici da confrontare, con una parola d’ordine: evoluzione. Sette calici per immaginare abbinamenti anche creativi, che spaziano fino all’ostrica cruda con cioccolato bianco o al tuorlo d’uovo con tartufo (sempre bianco). Ma vale pure il contrario, e cioè l’invito a gustarsi quei vini da soli, senza nulla accanto. Vini che sanno essere anche cerebrali. Perché “prima arrivano in testa, poi ne parli”.

 

Note di degustazione

 

1. Coteaux du Layon 2016 - DOMAINE DES BOHUES (Loira - F)

Paglierino che si distende brillante. Note sottili di smalto, pesca disidratata e lieve zafferano. Al sorso denota un mix appena percettibile di punta tannica/oleosa, comunque scorrevole.

 

2. Muffo 2022 - SERGIO MOTTURA (Lazio - I)

Oro intenso di buona fittezza. Profuma di albicocca, carruba e dattero. Il sorso è pieno, con elegante punta amaricante e di miele. Assolutamente da aspettare.

 

3. Barsac 2018 - CHATEAU SUAU (Barsac - F)

Brillante oro verde. Fini profumi di crema, zafferano, mandorla e champignon. Nel cavo palatale risulta quasi grasso, ma la freschezza dona sontuosità.

 

4. SGN Pinot Gris 2009 - CAVE DE RIBEAUVILLÉ (Alsace - F)

Oro molto fitto e denso. Si ripropone lo zafferano, insieme a crème caramel, fico e dattero. Sorprende l’iniziale leggera piccantezza, seguita da un velluto che bilancia.

 

5. Tokaji 5 puttonyos 2019 - CHATEAU DERESZLA (Tokaji - H)

Sole dorato nel calice. Primeggia l’albicocca matura, poi la glassa di confetto e la gardenia. Piccantezza bilanciata, non si sente né alcol né pesantezza. Ampio margine di evoluzione.

 

6. TBA Cuvée 1995 - WEINGUT SCHRUIFF (Burgenland – A)

Mogano orlato dal sole, si muove mellifluo. Naso ampio: carruba, fico secco, caramello, tabacco, chinotto e tamarindo. Freschezza e altalena di carrube/tamarindo regalano ottima lunghezza.

 

7. TBA Optima 1993 - WEINGUT SCHUR (Palatinato – D)

Ha il colore di un Armagnac. Finezza di smalti, fiori secchi, tamarindo e mandorlato. Pur con 12,6g/lt di acidità colpisce l’ottimo equilibrio, la bevibilità e la persistenza sono senza confini.

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