Maria Grazia Melegari
La fotografia che ritrae i giovani Elisa Dal Cero e Mattia Molinaro assieme ai loro figlioletti Lorenzo e Adele e alle quattro etichette prodotte sintetizza bene il progetto di vita della coppia: mettere su famiglia e fondare una piccola azienda, partendo dal patrimonio familiare di vigneti, parte di proprietà e parte in affitto.
Mattia, originario di Lonigo, si laurea in agraria a Padova ed Elisa, che vive in Val d’Alpone, lavora per parecchi anni nel commerciale di aziende vinicole. Unendo le loro vite mettono anche a fuoco con gradualità e saggezza il loro progetto vitivinicolo che, dopo qualche anno di sperimentazione, vede ufficialmente la luce due anni fa. Sono dieci gli ettari di vigneti allevati nei Colli Berici, sui terreni di calcari e argille rosse tra Lonigo ed Alonte: da qui nascono, per ora, un Sauvignon e due vini rossi dove protagonista è il vitigno marselan - raro in Italia - rispettivamente declinato in purezza e abbinato al merlot. Nel territorio del Soave Classico invece (la cantina si trova a Monteforte d’Alpone) e per la precisione sui terreni basaltici dell’Unità Geografica Aggiuntiva Tremenalto, c’è anche un ettaro di vecchie pergole di garganega per la produzione di una Garganega IGT Verona.
È una bella novità quest’azienda familiare che ci ha colpito con qualche assaggio al recente Vinitaly, nella selezione Micro Mega Wines, curata da Ian d’Agata.
I vini sono tutti caratterizzati dalla cristallina pulizia degli aromi e dalla scorrevolezza della beva: vedono solo contenitori d’acciaio per la fermentazione e la maturazione, tranne il Merlot che affina in barrique di rovere francese per 12 mesi.
Ci sembra appropriato parlare di “coeup de coeur”, per dirla alla francese, per il Rosso Veneto 2023, la prima annata prodotta con la varietà marselan che, raccontano Elisa e Mattia, “abbiamo conosciuto durante un viaggio in Francia e ci ha colpito al punto da scommettere sulla sua espressività nell’area Colli Berici.” La varietà nasce in Francia nel 1961, dall’incrocio di cabernet sauvignon e grenache: doveva essere un’uva ideale per i climi caldi, ma gli acini piccoli e il grappolo spargolo hanno scoraggiato velocemente i viticoltori, relegandola in secondo piano.
“In realtà - racconta Mattia - la varietà mostra una notevole resistenza alle malattie e alla siccità”. Uva ideale, aggiungiamo noi, in quest’epoca di cambiamenti climatici con temperature in rialzo.
Le uve sono raccolte a mano e diraspate. Circa un terzo fermenta con acino intero e il rimanente viene pigiato: il tutto avviene in acciaio, partendo da 8 gradi per poi salire gradualmente. Si effettuano poi due dèlestage per favorire lo scambio tra parti solide e liquide. In bottiglia, alla fine, va esclusivamente la sgrondatura che corrisponde circa al 60% del volume.
È una scommessa vinta quella di Elisa e Mattia, vista la rarità delle bottiglie prodotte in Italia da questa varietà ma soprattutto assaggiando il risultato che hanno ottenuto nel bicchiere.
Il vino, prodotto in sole 2000 bottiglie, offre allo sguardo un rubino intenso e vivido dai netti riflessi violacei e all’olfatto un ricco corredo fruttato: mirtillo, lampone, ciliegia croccante, e fragola, su una tessitura di fresca mineralità ravvivata da echi di china e petali di viola. Al palato è succoso, fresco e di ottimo equilibrio gustativo, con un finale persistente dove ritornano le suggestioni fruttate e la viola. Adeguatamente rinfrescato è un rosso da godere anche d’estate con un semplice tagliere di formaggi e salumi, ma esalta in modo sublime pesci grassi e in particolare il brodetto di pesce dell’Adriatico.