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Dalla redazione
sabato 22 giugno 2024

Lo Champagne: Viaggio nel mito

Parte II: Dalla Vallée de la Marne alla Montagne de Reims


Enrico Trentin

La seconda serata sullo Champagne, organizzata da Ais Verona e guidata da Alberto Lupetti, conclude in bellezza l'opera d’arte iniziata con il racconto dello chardonnay della vocata Côte des Blancs e giunta al termine con il pinot nero delle colline a nord della regione, nella zona Montagne de Reims.
Dalla spumeggiante narrazione dei tanti viaggi in Champagne emerge l’esperienza e la conoscenza di Lupetti, maturata negli anni grazie ai frequenti incontri con i produttori. Al fine di scrivere la sua guida dei vini di questo territorio, ha visitato tutte le maggiori maison e parlato con i più abili vigneron della Champagne.
Per far comprendere meglio la vocazione al vino di qualità nel territorio in questa regione è stato analizzato qualche dato tecnico.
La denominazione nasce nel 1919, la resa media per ettaro è di massimo 12 quintali, ma ogni anno all’interno del consorzio grandi e piccoli produttori decidono il limite di resa e generalmente trovano un intelligente accordo per il bene comune.
I sesti di impianto sono molto densi, circa 8000/9000 ceppi per ettaro, con filari molto stretti e vigne basse che non possono essere vendemmiate da macchinari. Anche per questo motivo la raccolta manuale è obbligatoria dal 1978.
Si posizionano i grappoli generalmente in casse da 50 kg, anche se negli ultimi anni alcuni produttori hanno utilizzato cassette sempre più piccole per stressare meno l’uva.
La produzione annuale di 300 milioni di bottiglie che recentemente rimane stabile, è data per il 70% dalle grandi maison, per il 20% dai vigneron e dalle cooperative per il restante 10%.
La degustazione parte con Laurent-Perrier, le cui origini risalgono al 1812. Una delle maggiori maison di Champagne e quarto produttore in assoluto con quasi 7,3 milioni di bottiglie annue vendute. Conduzione familiare, Laurent-Perrier diventa un punto di riferimento grazie a Bernard de Nonancourt, uomo appassionato e visionario. Primo ad introdurre le vasche termoregolate a metà degli anni Settanta per produrre vini estremamente precisi, nel 1981 prima annata di ultra brut.

1) Laurent Perrier Champagne - Laurent Perrier Ultra Brut - Brut Nature s.a.
Assemblaggio di 52% chardonnay e 48% pinot nero, fusione delle annate 2016 e 2014, uve selezionate provenienti da 15 cru, affinato 4 anni sui lieviti.
Il colore giallo paglierino è brillante e cangiante, profuma di agrumi e pane tostato, al palato spicca una grande freschezza, con note citriche e saline. Vino scattante e magro, persistenza breve data dall’assenza di dosaggio. L’esperienza del relatore consiglia di degustare l’ultra brut entro gli otto anni dalla messa in commercio perché l’assenza di dosaggio lo espone al rischio di maturare troppo velocemente.

Prosegue il racconto con la Vallé della Marne, dove troviamo il villaggio grand cru Ay, storicamente la zona della champagne più vocata per il pinot nero, 316 ettari dei totali 350.
Qui troviamo la storica Maison Bollinger, nota per il suo regolamento Charte Ethique et de qualitè che applica dal 1992. Tassativo è l’utilizzo di almeno il 60% di uve provenienti da vigneti di proprietà, il pinot nero deve essere l'uvaggio maggioritario in tutti i blend, la fermentazione deve avvenire in barrique e l'affinamento deve essere minimo di 3 anni.

2) Bollinger Champagne, Bollinger Pinot noir, Brut 2018.
Pinot nero in purezza proveniente dal comune di Ay.
Il calice si veste di un giallo paglierino intenso, quasi dorato, le note di frutta matura si fondono ad un profumo di pan brioches appena sfornato. Al palato è morbido e intenso, ma la freschezza mantiene elegante il sorso. Scaldandosi nel calice emana note di radice di liquirizia.


In Champagne il movimento di produzione bio e biodinamico nasce negli anni Settanta, dal 2000 questo tipo di produzione sta crescendo molto, soprattutto grazie ai piccoli produttori artigianali.
Un esempio è rappresentato dalla cantina Benoit - Lahaye, che coltiva cinque ettari di pinot nero a Bouzy e Ambonnay, vinificato con certificazione Agricolture Biologic e Demeter biodinamica.

3) Benoit Lahaye Champagne, Benoit Lahaye Grand Cru, Brut Nature s.a.
Frutto dell’assemblaggio di pinot nero da vigne di 40 anni e 10% di chardonnay, base di annata 2019 assieme a cuvèe de reserve fatta con metodo perpetuelle iniziato nel 2003 (unione del vino di annata con i vini congiunti negli anni precedenti), produzione annuale di sole 13 mila bottiglie, 3 anni sui lieviti e degorgiato a marzo 2023.
Colore giallo dorato leggermente velato, profumi molto dolci che ricordano la torta di mele, note vanigliate e di crema pasticcera, speziatura dolce di cannella. Al palato conquista con la sua morbidezza che si lega perfettamente alla freschezza, ricorda una susina goccia d’oro. Vino corposo e appagante.

Sempre nella Montagne de Reims si trova il Village Verzenney grand cru, 418 ettari storicamente coltivati per la maggior parte a pinot nero.
Domaine Rousseaux Batteux qui è di casa, piccolo vigneron che applica la coltivazione organica in maniera molto radicale, ma non la certifica attraverso nessun ente o dogma.

4) Domaine Rousseaux Batteux Champagne, Rousseaux Batteux Blanc de Noirs, Extra Brut.
Pinot nero in purezza proveniente da tre villaggi grand cru, Verzennay, Verzy e Louvois. Nasce dall’unione della vendemmia 2020 e della 2021 in parti uguali, la fermentazione avviene in barrique con elevage di sei mesi, viene imbottigliato senza filtrazioni né stabilizzazioni tramite passaggio a freddo, 3 anni sui lieviti, dosaggio 5,6 g/l, 5.858 bottiglie prodotte.
Di un nobile oro rosa, timido profumo di tiglio e ribes bianco croccante, eccelle nella freschezza che con eleganza stuzzica il palato; facilmente riconoscibili sentori di pompelmo rosa, un tocco di timo e liquirizia dolce.

Procedendo incontriamo il premier Cru Ludes, sempre nelle montagne de Reims, dove si coltiva principalmente Pinot Munier e a seguire Pinot Nero.
In questa zona si trova la cantina Hure Freres, con 10 ettari vitati di proprietà, in parte scavata a mano nella terra bianca e gessosa chiamata cray.
La cantina è in transizione per essere certificata biologica e la filosofia della famiglia è che i vini devono avere un ottima beva senza diventare troppo opulenti.

5) Huré Frères Champagne Huré Frères Memoires Extra Brut s.a.
Nasce dall’unione di pinot nero 40%, pinot meunier 40% e chardonnay 20%.
Fermentazione in barrique, assemblaggio di due cuvèe perpétuelle, una in botte (1982-2018) pari al 70% e l'altra in acciaio (2009-2018). Affinamento di due anni sui lieviti e un dosaggio zuccherino di 2 grammi/litro.
Il guru della Champagne Anselme Selosse sostiene da 40 anni che gli spumanti con cuvèe de reserve di metodo perpetuelle sono più identitari perchè l’impronta climatica viene cancellata dell’annata e viene fissato solo ciò che è permanente. Una ricerca dell’origine attraverso l’unione di una serie più o meno lunga di annate.
Si presenta giallo paglierino intenso, il profumo è deciso e ammaliante, fiori di camomilla, tiglio, speziatura di citronella, dominano frutta candita, cedro, limone e infine miele. Le note minerali sono contrastate da quelle dolci del gentile passaggio in legno. In bocca è un tripudio di sensazioni, grande freschezza e mineralità equilibrata da una dosata morbidezza che ricorda la frutta croccante, grande complessità data dal vino di riserva ed ottima persistenza.

Ultimo gran cru della serata è Ambonnay, dove si predilige il pinot nero e dove si trova la famosa cantina Egly-Ouriet, fondata nel 1946 da Charles Egly, nonno dell’attuale proprietario Francis, con la cui moglie ha deciso di unire il cognome “Ouriet” per dare il nome alla cantina. Francis, dopo aver lavorato con il padre, comincia a gestire pian piano la produzione dagli anni ottanta, in seguito allarga la proprietà di vigneti a 16 ettari ed amplia la gamma di champagne prodotti.
I punti cardine di questo vignaiolo sono il lavoro del suolo, l’attenzione alle potature, l’impiego di soli composti naturali in vigna. Dal 1995 lavora i grand cru con fermentazione di impronta borgognona attraverso lieviti indigeni in botti di legno, dal 1999 non svolge malolattica, applica lunghi affinamenti in bottiglia.
Le vigne di proprietà in media hanno 40 anni, vengono utilizzati pochi insetticidi e applicata la confusione sessuale.
Francis Egly è il secondo in Champagne ad usare cassette da 15 kg per non schiacciare l’uva.
Preferisce non far svolgere la fermentazione malolattica per evitare l'aumento della temperatura dei vini in cantina che non è consigliabile, inoltre si ottengono vini più facilmente conservabili e longevi ed il sapore ha maggiore freschezza.
Si dichiara favorevole ad aggiungere meno solfiti possibili, però non vuole legarsi a certificazioni che potrebbero limitarlo, sostiene che il consumatore dovrebbe fidarsi del vigneron conoscendolo. Ammette che in passato ci sono stati degli utilizzi inutili di insetticidi, ma al giorno d'oggi è molto diverso, c'è molta più sensibilità ed attenzione.

6) Egly Ouriet Champagne Egly Ouriet Rosè Grand Cru 2017.
Rose d’assemblage, prodotto aggiungendo alla base spumante bianca una piccola parte di coteaux champenois rosso. 70% pinot nero e 30% chardonnay, annata di base 2017, 30% 2016 e 20% 2015, 50% di vins de reserve, 48 mesi sui lieviti e degorgemant luglio 2022, dosato 2 g/l.
Colore deciso molto brillante, un nobile oro ambrato, unico e molto affascinante. Il profumo inebriante porta in un giardino di limoni e mandaranci, i sentori iodati e di grafite sono intensi e donano carattere al vino. Note di petali di rosa, piccoli frutti rossi, fragole e mirtilli, infine una balsamicità che ricorda l’olio essenziale della scorza di arancia. Al palato le note di frutta sono eleganti, ricordano la pesca e la susina, grande mineralità e sapidità, secco e molto intenso, grande persistenza e complessità.
Questo grande vino come ultima pennellata di colore, termina il capolavoro di queste serate sullo Champagne.

 

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