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Dalla redazione
martedì 7 maggio 2024

Il diavolo e il Vin Santo

Milo Manara ci racconta il suo rapporto con il vino. Un viaggio fra donne ed erotismo in Valpolicella

Morello Pecchioli


È nato sotto il segno della Vergine, il 12 settembre, e si chiama Milo come la Venere. Nomen omen. La pulzella dello zodiaco e la dea si sono alleate per tracciare il destino di Milo Manara pittore, fumettista, artista di fama mondiale. Quand’era in culla, proprio com’è successo alla principessa Aurora con le tre fate della favola, Milo ha ricevuto doni contrapposti. Venere gli ha regalato la percezione della bellezza, la Vergine la consapevolezza dell’innocenza; la prima la passione, la seconda il candore; l’una l’istinto, l’altra l’ingenuità. E la terza fata? Erato, la “bella”, la “desiderata”, musa della lirica erotica, gli ha regalato la capacità di tradurre l’erotismo in vignette poetiche. Milo ha utilizzato questi doni per creare storie meravigliose e mettere al mondo splendide creature. Nei suoi disegni lo zolfo si mescola all’acqua santa, lo spirito fa a pugni con la carne, Francesca da Rimini convive con Beatrice. “Il volto del vizio – ha dichiarato tempo fa in una intervista – dev’essere ingenuo o puro”.

 

I contrasti

Lui stesso, così grande e così umile, è una contraddizione. Sembra quasi indifferente, rassegnato alla celebrità che lo circonda. Abita in una bella villa che domina Sant’Ambrogio di Valpolicella, sui colli della Grola, una delle zone enologicamente più vocate della vallis polis cellae, la valle dalle molte cantine, come la chiamavano i romani. Dal suo studio si vedono ondate di vigneti di corvina, rondinella, molinara che si rovesciano verso il basso. Altro segno: Manara è nato nel mese della vendemmia, periodo di mosti ebbri di gioia e di spirito di vino.

Recioto o Amarone? Ecco un’altra contrapposizione di concetti in chiave di vino. Il dolce e l’austero. L’angelo e il diavolo. Manara li vede proprio così. Interpreta le due anime dei grandi vini della Valpolicella realizzando, nel 1997, l’etichetta per il Recioto della linea Domini Veneti della Cantina di Negrar. Un’etichetta talmente bella e significativa che nel 2009, quando vestì anche la bottiglia dell’Amarone, vinse il premio nazionale “Selezione del sindaco”.

Nato con il carboncino in una mano e il pennello intinto nell’eros nell’altra, Milo a 12 anni era già talmente bravo a dipingere che gli furono commissionati i primi lavori. La mamma, maestra elementare, ne capì il genio iscrivendolo alla scuola giusta, il liceo artistico. Qui, tra libri ritratti dal vivo di una modella nuda, letture vagabonde e impegnate, il giovane Manara trascorse parte dell’adolescenza e della giovinezza. Al liceo era l’unico maschietto in una classe di 15 femmine. S’innamorò di una di queste, Margherita, che era in convitto dalle suore. Quando Margherita, un’inverno, s’influenzò e dovette restare a letto, Milo, pur di andare a trovarla, aiutato dalle divertite compagne, si travestì da femmina e si mescolò a loro durante la visita. “Nell’educandato – ricorda – i maschi non erano ammessi. La promiscuità era considerato peccato grave. Le suore non s’accorsero che ero un maschio. Margherita, invece, rise talmente tanto che si sfebbrò subito e potè tornare a scuola”.

 

Milo e il vino

Si dice che abbia scoperto l’erotismo, il sesso, da ragazzino durante una vendemmia guardando le gambe delle ragazze che pigiavano l’uva. È vero? “No perché quand’ero ragazzino l’uva non si pigiava più con i piedi da un bel pezzo. È vero, però, che i ricordi erotici più remoti sono legati proprio alla vendemmia. Alle portarine. Erano ragazze floride che scendevano dalle montagne dell’alta Valpolicella per la vendemmia. Avevano l’incarico di trasportare plateau di molinara, rondinella, corvina e altre uve. Scendevano dai vigneti verso i fruttai delle cantine riempendo la valle con i loro canti. Di notte dormivano sotto i portici e nei fienili dai quali si alzavano bisbigli, sussurri, mormorii. Le ragazze erano in compagnia di qualcuno, chissà chi. Ma bastavano quelle voci basse e quei rumori sommessi a scatenare la mia fantasia, a sollecitare l’immaginario erotico. La vendemmia e l’odore del mosto che riempiva l’aria di quelle notti facevano da contorno. Erano stagioni esaltanti”.

Manara ha iniziato a disegnare etichette e manifesti legati al vino nel 1996 per il Consorzio di Tutela del Valpolicella DOC. La prima testimonial è una donnina che, gambe e capelli corvini al vento, fra tralci e viticci che la incorniciano, fluttua sul manifesto in un abito rosso rubino a piccoli pois bianchi, generosamente scollato. La fanciulla, sotto lo sguardo di San Zen che ride, simbolo del marchio del Consorzio, guarda con lascivo desiderio il calice del classico tenuto nella mano destra. Qualche anno dopo, nel 2009, Manara realizza l’etichetta, su citata, dell’angelo e del diavolo. Il terzo personaggio è un trionfo rinascimentale: una madonna leonardesca con un cesto di uva nera in grembo. Sulla spalla un corvo becca il grappolo di corvina che monna Marilisa (Allegrini, l’etichetta è per i suoi vini) offre all’uccello.

 

I vini di Milo

Dopo altri manifesti e altre donnine legate al mondo del vino, arriviamo alle ultime etichette, quelle realizzate per la serie di cinque bottiglie che portano il suo nome: “I vini di Milo”. È nettare dei suoi vigneti, sangue del suo sangue. Un’espressione doppiamente autentica: suo figlio Mario è impegnato in prima persona nella commercializzazione di questi vini. “L’idea è stata sua – afferma Milo – Non è facile tradurre l’emozione che dà un vino in immagine. Non è facile trasferire una sensazione da una esperienza sensoriale – l’olfatto, il gusto – ad un altro, la vista. Un’etichetta non può limitarsi a decorare. Deve anticipare, trasmettere l’emozione che darà quel vino. Ho concepito l’etichetta di questi cinque vini come si idea il manifesto di un film, la copertina di un libro che sintetizzano, con una sola immagine, il contenuto della pellicola, la trama del romanzo. Perché nomi femminili per vini maschi? Sono come i nomi che si danno alle Grazie, alle Virtù. L’etichetta raffigura l’emozione che mi ha suggerito quel vino. È la musa che lo raffigura. Via via che aumenta l’intensità del liquido, il suo calore, cresce anche l’eccitazione, la temperatura erotica dell’etichetta. Il richiamo è sensuale. Aumentano i gradi alcolici e i gradi del termometro erotico”. Sono nate così, per trasmettere le emozioni di Milo Manara, Cloe, la musa del Valpolicella Classico Doc; Deianira, la donna del Recioto; la sensuale Amaranta per il Ripasso; la provocante Denise, dea dell’Amarone, e, infine, Beatrix per il seducente VeloRosso IGT, vino ricavato da un blend di uve della Valpolicella.

Manca solo il vin santo. Come la mettiamo se dovesse fare un’etichetta per un vino da messa? “L’ho fatta. Per il parroco di Negrar. Me la chiese per il vino che usa per la messa, prodotto con diverse uve bianche della zona donate da piccoli produttori. Un vino casto. È vero che San Francesco usa il termine casta per l’acqua, ma in questo caso lo è pure il vino. L’etichetta aveva un senso perché la bottiglia è stata venduta anche per beneficienza. Il parroco voleva un’etichetta metafora: le mani dei produttori che s’intrecciano per fare del bene. Un’immagine abusata. Ho preferito disegnare un’etichetta con la presenza, sì, di mani, ma che fosse un compromesso tra la laicità del vino e la sua santità che richiama Noè e le nozze di Cana, e la sua sacralità: la Transustanziazione, la conversione, cioè, del vino nella sostanza del sangue di Cristo”.

Milo Manara confessa che ha un passato (breve) di vignaiolo. “L’ho fatto per me, quando ero giovane, per un paio d’anni. Ero veramente appassionato. Avevo comperato tutta l’attrezzatura. Soprattutto avevo acquistato una serie di tini per travasare il vino. Il segreto del vino buono sta tutto nel travaso. Avevo fatto anche il Recioto. È un lavoro duro fare il vino. Ricordo, in particolare, la fatica della follatura, del rimescolare continuamente il mosto con le graspe e con le bucce. Togliere la feccia depositata non è semplice. Solo travasando, travasando e travasando il vino esce pulito, sincero”.

 

Articolo originariamente apparso sul numero 02/2018 di Vinetia Magazine.

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