Redazione
Con un bilancio positivo di 1500 presenze, cala il sipario su Amarone Opera Prima, restyling della quasi ventennale Anteprima dedicata al prodotto di punta della denominazione veronese, che si è tenuta a Verona il 4 e il 5 febbraio scorso. Un appuntamento tanto atteso quanto riuscito che ha puntato i riflettori su un ampio ventaglio di tematiche: dai dati di mercato della denominazione, al ricambio generazionale, all’enoturismo e all’iter di candidatura della tecnica della messa a riposo delle uve della Valpolicella a patrimonio immateriale dell’Unesco, ormai in dirittura d’arrivo.
In scena, ai banchi d’assaggio allestiti al piano nobile del Palazzo della Gran Guardia, l’annata 2018 con la presenza di 64 aziende e 67 vini in assaggio e va registrato molto positivamente come l’aver saltato l’anteprima 2021 a causa della pandemia abbia prodotto uno spostamento all’indietro di un millesimo rispetto alle edizioni precedenti.
Annata non facile la 2018, dall’andamento climatico instabile, con temperature medie elevate in primavera, maturazione lievemente anticipata e periodi di piovosità superiori alla media. Lodevole lo sforzo dei produttori per raggiungere un difficile equilibrio nel bicchiere. Abbiamo di fatto notato una grande variabilità: alcuni vini già pronti, con moderata acidità, altri più freschi ma molto esili nella materia, altri ancora con note di tannini verdi.
Come già in passato, li vedremo alla prova del tempo e l’attesa potrà riservare anche belle sorprese.
A margine, comunque, ripensando agli Amarone dei primi anni 2000, la percezione generale è quella di un downsizing. Al netto della gioventù, la vista sembra confermare questa percezione, cogliendo più tonalità brillanti e centrate sul rubino che non sul granato, movenze snodate che spesso non colorano più di tanto i calici. Intatti, invece, i tratti caratteristici all’olfatto e al gusto che hanno reso riconoscibile l’Amarone nel mondo dei premium wine. Rimane il dubbio se questo fatto sia così accentuato in quest’annata generosa in vigna e frutto della variabilità climatica, o sia piuttosto indice di un percorso di avvicinamento delle aziende ad un nuovo ruolo dell’appassimento come regista del gusto, facendo acquisire un rinnovato fascino al sorso di un vino cosmopolita, ben oltre i confini del territorio.
Alla degustazione alla cieca di 67 camponi di cui 23 ancora in botte, dedicheremo un prossimo post di approfondimento. In linea generale possiamo dire che quest’annata ha fatto emergere con più evidenza lo stile dei produttori rispetto alle diversità espressive legate al territorio.