Francesco Mancini
Quando la stessa sera si mettono insieme Francia e vino difficilmente si sbaglia. Anzi, è quasi impossibile. Ed è stato così anche nella serata al De Gusto di Sagrogna. Tutto esaurito da tempo per l’evento organizzato il 3 febbraio: una serata tutta francese. Ma dove esattamente? Champagne, Borgogna, Bordeaux? No signori, un gala interamente dedicato alla Côte du Rhône, assolutamente all'altezza delle zone più blasonate di Francia.
Per una panoramica completa della Valle del Rodano, gli organizzatori di AIS Belluno, Attilio Vorano e Roberto Gomiero, hanno scelto un’azienda simbolo di questo territorio: Maison M. Chapoutier, un’icona da quella parti. A guidarci, tra i filari immaginari della Valle del Rodano, è stato Paolo Michaut, direttore M. Chapoutier Italia. Da tre anni Paolo vive nel nostro Paese e parla fluentemente l'italiano: l’accento francese e la tipica “r” moscia lo rendono subito simpatico alla platea bellunese.
Una panoramica sulla storia dei vini del Rodano, che in qualche modo avvicina la regione all’Italia. L'invasione romana del I secolo a.C. dà un primo impulso alla viticoltura nella regione. Con la fine del dominio romano coincide un calo della produzione. Ma nel XIV secolo, durante la "Cattività avignonese" dei papi, si assiste ad un nuovo impulso della viticoltura nella zona. Nel 1936 lo Châteuneuf-du-Pape diventa la prima AOC francese.
La M. Chapoutier è arrivata alla 8^ generazione; da più di 200 anni è impegnata nella produzione di vino. Paolo, da buon francese, ci ricorda l’importanza del terroir nella produzione dei vini in Francia e quanto questo influisca sulla personalità del prodotto finale, aggiunge: "Nella Côte du Rhône non c’è uniformità dei prodotti come in tante altre zone. Ogni vignaiolo ha mantenuto la propria personalità e la esprime attraverso i propri vini, senza scendere a compromessi".
Per quanto riguarda i vitigni maggiormente impiegati non ci sono dubbi: il syrah è “il re del Nord” della Valle del Rodano, mentre per i bianchi il vitigno più impiegato è il viognier insieme con il marsanne e il roussanne.
Dopo la bella presentazione è il momento di cercare nel bicchiere le risposte ai nostri dubbi e le conferme dei racconti di Paolo Michaut. Si parte con il servizio dei tre vini bianchi: il Condrieu Invitare, il Saint-Peray, Pic & Chapoutier e l’Hermitage, Chante Alouette. Tre terroir, tre espressioni di questo territorio, diversi profumi, ma analoga pienezza nel sorso, rotondi al palato, con l’obiettivo di accompagnare le pietanze, allo scopo di esaltarle.
Ne abbiamo la prova quando arrivano i primi cicchetti, il giusto intermezzo tra i vini bianchi e rossi. Un crostino con baccalà mantecato, uno con ragù di cervo e uno con il lardo. Ogni calice, a modo suo, pulisce il palato e accompagna piacevolmente i cicchetti, senza nasconderli.
Nei rossi dell’Hermitage incontriamo sicuramente la massima espressione del syrah, vitigno principe e il palato si concede altre piacevoli sensazioni, mantenendo una rotondità e una complessità che valgono il prezzo del biglietto.
L’obiettivo dell’azienda Chapoutier, spiega Paolo Michaut, rimane quello di raggiungere, oltre alla piacevolezza, la massima qualità ed eleganza, mantenendo la propria identità. Anche per i vini rossi, l’obiettivo è quello di renderli adatti ad accompagnare le pietanze: “mariage”, matrimonio in francese, lo definisce Michaut che, prima di concludere, sorridendo si sbilancia in un’affermazione quasi blasfema: "Sauternes e fois gras, che noia! Ampliamo la gamma dei nostri abbinamenti!"
Vini in degustazione:
AOP Condrieu, Invitare, M. Chapoutier 100% Viognier 2021
AOP Saint-Péray, Pic & Chapoutier, Marsanne 2021
AOP Hermitage, Chante Alouette, Marsanne 2018
AOP Crozes-Hermitage, Les Meysonniers 2020 (sorpresa alla cieca) in magnum
AOP Crozes-Hermitage, Alléno & Chapoutier, Guer-Van, 2017
AOP Saint-Joseph, Croix de Chabot, 2019
AOP Cornas, Pic & Chapoutier, 2019
AOP Hermitage, Monier de la Sizeranne, 2014 (in magnum).