Massimo Soccol - Claudio Serraiotto
Venerdì 7 ottobre, un pezzo di storia, di territorio e di cultura è atterrato nelle sale AIS: partito da un promontorio francese, nel cuore pulsante del Bordeaux, è planato a Vicenza lasciando di stucco tutta la platea.
Nella sala del Viest Hotel il relatore della serata Marco Tinello ci ha fatto viaggiare con la mente fino a Saint Emilion, il borgo medievale fulcro dell’area del Libournais, la cosiddetta rive droit. Con maestria ci ha illustrato duemila anni di storia in cui l’uomo e la vite si sono intrecciati mirabilmente l’uno con l’altro.
Dalle origini avvolte nel mito di Emilion, il famoso monaco bretone che decise di ritirarsi dal Vannes per giungere in questo luogo magico, l’area è stata poi delimitata sin dal 1289 da Edoardo I, Re d’Inghilterra, acquisendo importanza, autonomia e battendo moneta. Successivamente la viticoltura ha goduto dell’arrivo dei commercianti olandesi, che attraversarono l’Atlantico andando non solo nelle loro Antille ma anche in America del Nord (New York si chiamava New Amsterdam), dove successivamente il diplomatico Thomas Jefferson, futuro presidente degli Stati Uniti, sostenitore del buon bere, divulgò e promosse i vini di quest’area in maniera determinante per il paese.
Saint Emilion ha così mantenuto nei secoli la sua celebre reputazione vinicola fino ai giorni nostri grazie anche alla Jurade, la storica Confraternita oggi composta da 140 membri, che ne governa anche la classificazione dei vini, attraversando il corso della storia, dalla nascita nel 1199, fino al momento della sua caduta durante la Rivoluzione francese per poi rinascere nel 1948. Un excursus storico di eccellenze che culmina nel 1999, quando il borgo di Saint Emilion venne dichiarato dall’UNESCO un sito patrimonio dell'umanità. Da allora il borgo e i suoi vigneti vengono frequentati ogni anno da circa 1milione e mezzo di turisti.
Dosando con saggezza cenni storici, particolarità climatiche e diversità del terreno abbiamo studiato l’intera zona, ad una quarantina di chilometri a nord-est di Bordeaux, cogliendo le sottili differenze tra un vigneto posto in pianura e uno che inizia ad arrampicarsi sulla collina nelle cosiddette côtes, fino alla sommità dei plateau, piccoli altopiani calcarei. Il terreno presenta diverse varianti permettendo di distinguerne quattro: la valle della Dordogna, il piede della collina, la collina stessa e il plateau. Esposizione solare diversa, clima fresco (12,8° di temperatura media), presenza di calcare più o meno marcata, brezza che asciuga i grappoli inumiditi dalla notte, sono elementi distintivi che contribuiscono alla differenziazione delle vendemmie. Gli ettari vitati totali oggi ammontano a 5331 su un totale di poco meno di 5500, di cui circa 1150 in AOC Saint Emilion ed i restanti 4400 in AOC Saint Emilion Grand Cru.
Saint-Emilion ha una classificazione particolare dei vini fin dal 1956, rivisitata ogni 10 anni, con l’obiettivo di rivederla mediante degustazioni che determinano la classe di appartenenza (all’interno della quale si distinguono prevalentemente Prémier Cru Classé (A e B) e Grand Cru Classé).
Foto scattate dallo stesso Marco, unite a piccoli aneddoti del suo lungo viaggio in quel territorio, hanno dato colore e profondità ad una serata che già strabordava di emozioni. Dalle immagini proiettate e dai suoi racconti vissuti in prima persona, sono nate domande e approfondimenti che ci hanno accompagnato fino al momento della degustazione. Sei bottiglie scelte con cura per sottolineare come Saint Emilion non sia un vino, ma un terroir che fa da substrato alla creazione di molti vini con caratteri diversi tra loro. Sono state stappate cinque bottiglie dell’eccellente annata 2016 per darci una visione orizzontale di terreni e passioni diverse che si sono mescolati tra loro, facendoci apprezzare l’eccellente Clos Fourtet d’apertura.
In seconda battuta è arrivato Chateau La Gaffeliere con le sue velature di sottobosco. In sequenza sono stati versati Chateau Canon La Gaffeliere, Chateau La Dominique e l’attesissimo Chateau Figeac. Tutti calici che ben rappresentano le diverse facce del diamante francese.
Infine, per darci un pizzico di verticalità è stato stappato un Chateau La Gaffeliere del 2009 che ha estasiato l’intera platea con la sua magnifica evoluzione: note di tabacco e legno, sentori erbacei e una cascata di more, ribes e prugna hanno invaso i nostri sensi.
Il filo conduttore di questi vini a taglio bordolese, oceanico, con le dovute ed ovvie differenze, è stata la spiccata freschezza, la verticalità e il nerbo, l’integrità dei vini senza più facili e mediterranei compromessi alla rotondità del frutto, all’eccessiva estrazione e potenza.
Una serata eccezionale per la preparazione degli argomenti grazie al magnifico viaggio mentale e gustativo fatto in compagnia del relatore Marco Tinello.
Alla tua salute Saint Emilion!