Marco Tinello
Il nostro viaggio prosegue e i giorni su Islay hanno la capacità di passare velocissimi e lentissimi allo stesso tempo, lo dimostra il fatto che i momenti dedicati alle visite in distilleria passano rapidi e vorresti avere la possibilità di fermarli, riavvolgere il nastro per ricominciare da capo, mentre il resto della giornata potrebbe diventare noiosissimo, eterno, tanto che vorresti avere l’acceleratore per arrivare subito all’indomani. Questo a meno che uno sia curioso, amante degli spazi sconfinati, naturalista, insomma alla ricerca di un’isola che non c’è ma che c’è. E qui viene la parte più affascinante, quella che ti rapisce, come è capitato a molti sbarcando qui. Si tratta della parte dell’isola che ti porterai sempre dentro e che non scorderai mai.
Ma cosa può avere un’isola scozzese di così attraente, dove ci sono più pecore che abitanti, dove le giornate quando sono belle piove solo una volta al giorno, dove quando fa caldo hai il maglione, dove le spiagge non sono quelle caraibiche e dove alle 9 di sera non c’è più nessuno in giro?
Beh, il viaggio alla scoperta della parte più straordinaria di Islay è quello che ci porta a incontrare luoghi e persone uniche, come i resti dell’antica chiesa di Kildalton dove si trova una delle più antiche croci cristiane in territorio scozzese, con ben 1300 anni di storia. Oggi luogo di pellegrinaggio incastonato in uno scenario da cartolina. Oppure la spiaggia monumentale di Machir Bay e quella a scogliera di Saligo, poco distanti da Kilkoman, teatro dello sbarco di truppe Americane durante la seconda guerra mondiale. Qui si possono ancora vedere i resti delle installazioni militari, ma una delle cose più belle e divertenti è quella di nuotare sulla piscina con vista mare a Bowmore, riscaldata ovviamente dall’omonima distilleria che è a 2 passi.
Come in tutti i luoghi speciali da quest’isola, la Regina ci ha messo lo zampino, ed ecco che Sua Maestà ha sì contribuito al ripristino della riserva naturalistica di Loch Gruinart, riserva naturale più grande d’Europa e luogo di migrazione dell’Oca Grigia Canadese, ma ha anche creato un suo allevamento allo stato brado di Black Angus ed Highlander, carni prelibate che ovviamente al momento giusto prendono la via di Londra, il tutto osservabile da torrette poste in alture con tanto di guida e ranger al seguito che narrano il tutto.
Se finora tutto sembra nella norma, ci si ricrede quando si scende a Bridgend, precisamente a Newton of Kilmeny, dove nascosto dalla vegetazione si trova lIslay Woollen Mills, incredibile mulino ad acqua la cui ruota fa muovere un assurdo sistema di carrucole con cui si tessono ancor oggi sete, filati di cachemire e tweed e dove a volte ci si imbatte in capi di qualità incredibile a prezzi più che ragionevoli, tanto che in questa sorta di museo hanno pure creato i capi per il film Braveheart.
Volendo poi seguire le tracce delle saghe legate ai Clan scozzesi, allora è d’obbligo andare a Finlaggan, lago incastonato in una valle dove si possono osservare i resti delle costruzioni dei Lord of Islay, ossia il Clan Donald, il più potente e famoso.
Sicuramente quest’isola è più famosa per il whisky che per altro, motivo principale per cui era iniziato il nostro viaggio. La parte conclusiva del percorso ci porta dalle parti di Port Charlotte a fare un saluto a Martine Nouet, critica gastronomica francese, editrice di Whisky a Table, vademecum sull’abbinamento cibo-whisky. Lei passa gran parte dell’anno su Islay a bere una birra al pub più scenografico dell’isola An Thig Seinnse, direttamente sulla baia di Portnahaven dove le foche giocano nell’acqua a pochi metri da noi quasi a prenderci in giro.
Si è fatto tardi, siamo arrivati a Port Askaig, i ripidi tornanti ci portano all’imbarco del traghetto, la Finlaggan ci attende ma c’è ancora un po' di tempo per goderci lo straordinario Sound Of Islay, ossia quel braccio di mare che separa Islay da Jura. Un canale stretto e lungo le cui maree creano un vero e proprio sound e dove il piccolo traghetto che collega le due isole in pochi minuti combatte con la marea per svolgere il proprio compito, segno di come strana, incredibile, affascinante e dura sia la vita su quest’isola che c’è.