Stefania Minante
Siamo un gruppo di persone mature; alcune di noi sono già in pensione e quindi disponiamo di tempo libero e di voglia di viaggiare, conoscere, condividere momenti di socialità. San Martino ci ha donato un pomeriggio di sole e ha reso magica la visita alla Villa Molin, alla Mandria di Padova.
Mandria è una località con origini antiche. Era terreno di pascolo allo stato brado di mandrie di animali. Atmosfera incantevole di un primo pomeriggio impiegato inizialmente a visitare il cinquecentesco giardino all’italiana, dove un elegante profumo di bosso ci circondava, lasciando il posto ad un'intensa fragranza di muschio e foglie secche del giardino all’inglese costruito successivamente. Il giardino all’inglese rispecchia quello che fu la visione sognatrice ottocentesca della natura libera di svilupparsi. E’ popolato da alberi maestosi. Le magnolie, i cipressi di palude lungo un piccolo laghetto, i platani e le sequoie importati dalle Americhe. E’ rilassante camminare in questo luogo, con i raggi del sole che filtrano nella radura creando una tavolozza di colori gialli, arancione, bruni e rossi ed infine il verde intenso del prato che si apre alla vista del visitatore.
La villa Molin risale al periodo della colonizzazione delle campagne venete da parte della Repubblica Serenissima. Fu costruita nel 1597 da Nicolò Molin, sposato con Marina Grimani, figlia del Doge Marino Grimani e della Dogaressa Morosina Morosini. Questa villa di campagna, progettata da Vincenzo Scamorzi, testimonia con la sua eleganza architettonica la potenza della famiglia stessa.
La Villa consta di un edificio padronale a pianta quadrata e, separata dalla stessa, c’è una barchessa, antico ricovero delle barche dei padroni di casa. Vicino alla barchessa ci sono serre in stile liberty e una piccola cappella. La facciata sul fronte canale Battaglia è caratterizzata da una loggia esterna, che rende la villa facilmente identificabile percorrendo la via che collega Padova a Monselice. La si nota subito per la bianca eleganza delle colonne della loggia. Il piano terra fu progettato come piano di servizio secondo la consuetudine dell'epoca rinascimentale, ma nel secolo scorso venne elegantemente arredato dal penultimo proprietario, il Conte Igino Kofler, che lo destinò a sua abitazione. Il piano primo o piano nobile abitato dalla famiglia patrizia nel periodo estivo era riservato alla vita quotidiana, al ricevimento di ospiti e alle feste. Vi si accede da un ampio scalone costruito nell’ottocento, che porta direttamente ad una magnifica sala pompeiani usati per dipingere capitelli, colonne, putti, e personaggi in atteggiamenti di vita quotidiana. La villa dopo la morte del nobile Nicolò Molin venne ceduta a vari proprietari, ricche famiglie padovane, dai conti Emo Capodilista ai Barbarigo, Pisani, Dondi dell’Orologio, e tutti apportarono restauri all’interno. Dal salone principale si accede a varie stanze decorate con stucchi settecenteschi di colori diversi l'una dal - l’altra cosi il visitatore passa dal salottino arredato sui toni del rosa, a quello che vira al giallo, e lo sguardo si ferma davanti ad una finestra per ammirare il paesaggio.
Abbiamo concluso la visita con un aperitivo offerto dalla Sig.ra Alessandra Salvajo, attuale proprietaria e curatrice della villa, oggi adibita a luogo di eventi privati e aziendali. In una cucina d’altri tempi è proprio il caso di dirlo, con mobili di foggia ottocentesca e un grande camino che domina tutto l’ambiente, abbiamo degustato un buon vino Serprino con dei gustosi salatini. Il Serprino, biotipo del vitigno glera, è presente da centinaia di anni nei Colli Euganei e la sua coltivazione fa parte della tradizione contadina padovana come per il Pinello, per il Friularo di Bagnoli e altri vitigni, che nel corso dei secoli, e purtroppo dopo la filossera, sono andati dispersi. Ci piace pensare che i nobili veneziani del cinquecento, e poi i successivi nobili padovani, si siano deliziati nelle loro tavole di questo vino vivace e leggero, profumato di fiori bianchi selvatici e di note di agrumi.