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Dalla redazione
giovedì 11 novembre 2021

Una questione di... grappa

Il surreale racconto di una vita fuori dagli schemi, in cui il celebre superalcolico diventa la metafora della felicità

Federica Spadotto


L’hanno definito “il Forrest Gump svedese”, ma Allan Karlsonn, protagonista del romanzo Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve (2009), opera prima di Jonas Jonasson e bestseller della recente editoria nordeuropea, è molto diverso dall’antieroe che definiva la vita “una scatola di cioccolatini”.

Incarna l’iperbole dei più svariati ambiti dell’esistenza e la sua lunga avventura in questo mondo attraversa un secolo di eventi politici, tra cui guerre e rivoluzioni, stravolgimenti sociali, dibattiti sulla razza e sull’etica, sino alla bomba atomica, di cui il suo creatore letterario lo investe addirittura della paternità.

Eppure all’arzillo centenario che ripercorre la propria biografia in un esilarante susseguirsi di eventi, del temibile ordigno non importa un gran che, ritenendo gli esplosivi una passione da gestire in modo machiavellico, ovvero senza giudizio morale, bensì come uno strumento per soddisfare i propri bisogni, o semplicemente passare il tempo.

In un’era divorata dal sesso Allan è un eunuco indifferente, quanto allergico a qualsiasi tipo di ideologia. La sua è una ricerca della felicità assolutamente originale e difficile da comprendere tranne che per “i diversamente astemi”, ovvero gli appassionati di vino che ritrovano il sorriso e la serenità dinnanzi ad un calice. In questo mi assomiglia e ci assomiglia la bizzarra creatura di Jonasson, costretta a fuggire dalla casa di riposo perché era vietato farsi un goccetto di grappa.

Ah, la grappa, quella svedese, genuina e schietta, rappresenta per il protagonista il passe-partout per ogni occasione: elemento fondamentale per stringere amicizie, suggellare un accordo, prendere le misure sul proprio interlocutore.

<Bisogna diffidare degli astemi>, afferma Allan, < tuttavia possono risultare utili quando hai bisogno di un passaggio>.

Seguire le fila di funamboliche, quanto politicamente scorrette avventure tra dittatori, scienziati e potenti della terra condotti per mano da un simile postulato reinventa la storia con gli occhi di un ingenuo sognatore, che crede di poter risolvere qualsiasi problema seduti ad un tavolo con la bottiglia giusta.

In questo libro Allan c’è riuscito, o almeno così lo scrittore ci vuole far credere fino all’ultimo paragrafo, in cui la realtà irrompe a dominare la scena, lasciando il protagonista interdetto.

Nell’accogliere un rappresentante del governo indonesiano, giunto a chiedere il suo aiuto in merito ad un argomento che, a detta dell’interlocutore, l'ultracentenario conosceva benissimo, questi affermò di conoscere solo due cose meglio di chiunque altro:

<La prima è distillare l’acquavite dal latte di capra, la seconda costruire una bomba atomica>.

<E’ proprio questo che ci interessa>.

<Il latte di capra? > Rispose Allan.

<No, non il latte di capra>.

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