Daniele Adorno
Solo chi sa adattarsi sopravvive e conquista il proprio ambiente.
Ce lo ha insegnato la natura e lo ha reso noto il padre dell’evoluzionismo, Charles Darwin, nel 1859. Non è la specie più forte o quella più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento, secondo un principio che si estende a svariati ambiti.
Anche la ristorazione e il vino cambiano insieme alle nostre necessità, a loro volta in continuo mutamento a causa degli adattamenti alle condizioni sociali ed ambientali. Abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo la globalizzazione, con la conseguente nascita di nuove tendenze: il melting pot culinario, i Cooking Show, l’esplosione dei Social Network-, cui si accompagnano crisi economiche, disastri ecologici e una pandemia ben lungi dall’essere superata.
Con la globalizzazione nascono nuovi e viscerali movimenti ,che affondano le radici nella ribellione individuale all’industrializzazione esasperata e ai danni che essa provoca all’ambiente e all’uomo. E’ stato dimostrato come nelle economie emergenti le emissioni di prodotti inquinanti siano in aumento, fino a raggiungere l’apice della curva di Kuznets, economista statunitense e premio Nobel. Raggiunto l’apice inizia il disaccoppiamento tra ricchezza e inquinamento, e la tendenza si inverte. La nostra consapevolezza ci rende quindi più sensibili ai concetti New Age di salute e sana alimentazione: utilizzando prodotti biologici e organici ha innescato una rivalutazione delle nostre origini rurali.
La velocità di comunicazione resa possibile da internet, e l’enorme quantità di informazioni disponibili con essa, ha portato, paradossalmente, a riscoprire le grandi eccellenze enogastronomiche regionali, legate ad un nuovo concetto di ecosostenibilità della filiera agroalimentare, perché più ci evolviamo, apriamo i mercati e aumentiamo la nostra ricchezza pro capite, più siamo consapevoli dei danni perpetrati all’ambiente e siamo disposti ad investire per ridurre l’impatto ambientale. Oggi una gran parte di pubblico ricerca l’unicità, la freschezza, la tipicità e la genuinità dei prodotti ad un giusto prezzo.
Nascono quindi le boutique del gusto: pochi tavoli, scorte minime e prodotti sempre freschi a km zero provenienti dalle vicine e piccole realtà, per lo più a conduzione familare, che l’emergenza Covid-19 ha incentivato, vista l’impossibilità di muoversi e il rallentamento delle macro-attività del settore dovute alle restrizioni. Ci viene offerta la possibilità di sovvertire abitudini radicate nel consumatore medio per renderlo fruitore più consapevole di una qualità ecosostenibile, così da rinvigorire tante piccole realtà territoriali che erano in via di estinzione, schiacciate da un’innaturale catena di distribuzione massificata e spesso depauperata rispetto ai valori qualitativi, vero e proprio cardine di ogni scelta consapevole.